Una chiara comunicazione salva il medico dalla condanna: nella mia esperienza mi sono occupato di un caso clinico molto complesso, che vedeva coinvolto un medico cardiochirurgo, accusato della morte di un paziente operato per una malformazione valvolare.
L’intervento, complesso per il lungo tempo di esecuzione, necessario alla riparazione della valvola, era tecnicamente riuscito e il cuore era ripartito immediatamente dopo. Eppure, nel decorso post operatorio, sono sorte alcune complicanze che, nel breve periodo, hanno condotto il paziente alla morte.

L’accusa ha sostenuto come l’intervento non fosse stato eseguito correttamente, in relazione al tipo di farmaco utilizzato per proteggere il cuore durante la fase di arresto.

Ho, così, deciso come fosse fondamentale capire il funzionamento di tale fase dell’intervento, tanto che sono andato ad assistere ad una operazione cardiochirurgica.

La mia tenacia ha consentito di dimostrare, anche grazie alla corretta e regolare tenuta della cartella clinica, come non vi fosse alcun errore da parte del chirurgo, anche in relazione alla scelta del farmaco, che era stato somministrato nella dose corretta.

Spesso, nei casi di malpractice sanitario, il primo nemico del medico è proprio la cartella clinica: una corretta, puntuale, dettagliata compilazione della stessa può essere, infatti, la chiave di volta di un processo.

La corretta tenuta della cartella clinica, la tenacia del chirurgo neldifendere il proprio operato.

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